“La società contemporanea, nel passaggio dal secondo al terzo millennio, è contrassegnata da inedite forme di complessità, di instabilità, di accelerata trasformazione culturale, sociale, economica e politica, che si esprimono in processi di frammentazione e di ricomposizione, talora di abbandono, di recupero e di reinvenzione delle convinzioni etiche e delle formazioni umane, senza le quali rischiano di smarrirsi il senso e la stessa possibilità di esistenza e di sviluppo della vita sul pianeta. Questa nuova situazione propone a tutti gli enti educativi gravi responsabilità in ordine alla formazione dell’uomo, del cittadino, del lavoratore, in un contesto democratiche che appare sempre più bisognoso di nutrimento di idee, di convinzioni, di esperienze positive e di consapevolezza critica delle potenzialità e dei limiti …”
(da un testo del Consiglio Nazionale Pubblica Istruzione, 1995)
Quale avventura dunque l’Eurojam, dove l’incontro tra migliaia di giovani provenienti da tutta Europa e dal Canada diventa concretezza e modalità di crescita.
Entrare in contatto con persone portatrici di valori culturali diversi dai propri può mettere in crisi la persona e portarla ad una chiusura mentale e a vedere le cose in modo non del tutto positivo, così, invece di trarre il bene ed il bello dall’altro diverso da me, lo temo o peggio lo rifiuto. Ed il rifiuto si traduce anche in piccoli gesti quotidiani, in pensieri ed azioni che non hanno nulla a che fare con la ben conosciuta fraternità.
Al contrario, l’Eurojam favorisce la flessibilità mentale e culturale che fa spostare l’asse delle scelte su un piano diverso, quello della bellezza dello scambio e della conoscenza di altri modi di pensare, mangiare, correre, giocare, cantare.
In altre parole ci si educa a perdere pezzettini di se stessi, delle proprie abitudini per poter incontrare la diversità. L’Eurojam permette a molti ragazzi scout e guide di passare dalla teoria alla pratica: superare gli stereotipi, evitare i pregiudizi, cercare punti di incontro pur rimanendo coerenti con la propria identità.
I ragazzi hanno qui il modo di vivere all’aria aperta, verificare che molti altri ragazzi della stessa età se la sanno cavare bene con la vita nella foresta, con le piccole attività quotidiane per stare bene, con le condizioni apparentemente di disagio dovute alle comodità lasciate, ma ritrovate in forma diversa. Quale crescita? E soprattutto insegna a divertirsi insieme, in modo sano ed equilibrato.
Ci si augura che tornino tutti con una tale energia positiva da contagiare altri ragazzi, che portino a casa il lato bello delle cose, la ricchezza di attività, idee, sguardi ricevuti e dati.
Che i nostri reciproci territori italiani ricevano molto da questi giovani. I paesi, le città, i quartieri, le scuole, le famiglie, le parrocchie possano subire dei positivi cambiamenti dovuti appunto alla ricchezza dello scambio e del dialogo interculturale.